Resistenza e anziani nella costituzione e amministrazione delle prime zone liberate: una pagina da rileggere in questi giorni.
Prima del 25 aprile e dell’insurrezione generale proclamata dal Comitato di Liberazione Nazionale, c’erano state le zone libere.
Furono una quindicina
E sorsero prevalentemente in Piemonte in territori liberati dai partigiani.
Vennero istituite in momenti diversi e i primi argomenti di discussione di queste zone liberate in un’Italia ancora occupata militarmente dai nazi-fascisti riguardavano economia e amministrazione.
Quello che colpisce subito di queste primissime esperienze democratiche a rileggerne la storia oggi, non è tanto “cosa” avvenne ma “come” avvenne.
Ovvero
il modo in cui la Resistenza partigiana fu in grado di risolvere subito delle importanti questioni di ordine politico, mostrando nella vita pratica dei cittadini quale fosse il futuro per cui persone con idee politiche anche molto differenti combatterono fianco a fianco.
Prima sfida: l’autogoverno
I partigiani liberarono queste zone con le armi. Erano, di fatto, un esercito e avrebbero potuto imporre il proprio volere attraverso una dittatura militare. Coinvolsero invece le popolazioni stimolando un autogoverno democratico e dal basso.
Non solo: regolarono anche diversi conflitti di interesse. Ad esempio: chi apparteneva alle “delegazioni civili” veniva automaticamente escluso da incarichi militari.
La “libertà”, questa grossa parola così facilmente citata e oggetto di culto libresco da parte della classe dominante, così difficilmente attuata nella realtà, riacquista tutt’intero il suo valore, diviene cosa ben più viva e concreta, quando è così sperimentata e colta alla fonte, nella vita delle persone semplici.
Ma come mostrare alla nuova generazione di italiani come funziona la democrazia che non hanno mai visto, essendo cresciuti in una dittatura?
Semplice, chiedendo aiuto ai più anziani e alla loro memoria.
Resistenza e anziani: quando chiedemmo aiuto alla loro memoria
Nei paesi più remoti della montagna solo gli anziani ricordano a stento le formule delle elezioni amministrative, la composizione delle Giunte comunali, e in vari documenti essi sono infatti citati come i più validi consiglieri per gli inesperti, per i giovani che vissuti durante il fascismo hanno ignorato della democrazia anche le norme più elementari. Ma non è tuttavia una società arcaica o patriarcale quella che si manifesta nelle zone libera, è una società dei nostri tempi in cui il popolo s’affaccia all’autogoverno ben differenziato nelle sue classi e nelle sue categorie. Di qui la tipica composizione delle Giunte in cui si fa posto ai diversi strati della popolazione, rispecchiando fedelmente la situazione di fatto da zona a zona.
Ecco un esempio di come era composta la giunta del comune liberato di Serralunga, nelle Langhe così come riportato su un documento ufficiale:
“I rappresentanti delle categorie sono così divisi: 1 degli intellettuali, 3 dei contadini proprietari, 2 dei contadini mezzadri, 1 dei commercianti, 1 degli operai, 1 degli artigiani”.
Entrambe le citazioni provengono da La prima fase delle zone libere in Roberto Battaglia, Storia della Resistenza Italiana, Einaudi, pag. 448.