Volevo aiuto e allo stesso tempo non lo volevo. E ho reso difficile agli altri il compito di aiutarmi: potevo andare un giorno tutto disperato in lacrime da una psichiatra e poi due giorni dopo trovarmi a discettare con lei su alcune sottigliezze della teoria junghiana […]
(tratto da La storia di un ex-residente, un probabile inedito di David Foster Wallace scovato dall’ArchivioDFW)
Nella giornata in cui ricorre l’anniversario della scomparsa di David Foster Wallace, tutti sono presenti all’appuntamento:
- Minimum fax con Un antidoto Contro la solitudine, dove Stephen J. Burn ha raccolto interviste e conversazioni;
- Einaudi con Di carne e di nulla, una raccolta di saggi (più o meno) inediti corredati, anche qui, da interviste e conversazioni…
Il saggio minore su Terminator 2, tratto da quest’ultimo e pubblicato ieri da Repubblica ha suscitato, come spesso accade quando si tratta di Wallace, forti prese di posizione.
Per non parlare poi dei numerosi articoli-e-interviste-a-corredo (vedi Minima&Moralia, Wired, Il Post…) nonché belle iniziative come quella di Finzioni: un post ogni ora.
Per quanto ci riguarda, dalle parti dell’Archivio DFW, se aveste voglia di giocare e divertirvi, stiamo twittando le mega trame dei saggi, racconti e romanzi di Wallace:
un tweet con la sinossi (scherzosa) dei libri di DFW per #ricordandoDFW
— ArchivioDFW (@archivioDFW) September 12, 2013
Ecco solo un paio di esempi:
Sempre sul sito troverete un “probabile” inedito di Wallace scovato e tradotto da alcuni amici dell’Archivio (complimenti!).
È una lettera di “testimonianza” scritta da un ex-residente della Granada House (inutile qui soffermarsi sull’importanza nella-vita-e-nella-narrativa di Wallace delle case di recupero).
È un testo breve e intenso con una costruzione sintattica che non lascerebbe dubbi di sorta sull’identità dell’autore.
Uno squarcio su una faccenda privata e toccante che, nelle ultime righe, fa intravedere un universo parallelo in cui cinque anni fa lui, David, è rimasto seduto in garage nella sua casa in California a scrivere, riscrivere ed editare maniacalmente le bozze del Re Pallido.
In un’intervista del ’93 a Larry McCaffery, rispondendo a una domanda sulle “sfide” che la letteratura lanciava ai lettori, Wallace – allora trentunenne – disse:
Uno dei miei insegnanti, che stimavo molto, diceva sempre che il compito della buona letteratura è tranquillizzare chi è turbato e turbare chi è tranquillo.
Secondo me il compito della letteratura alta consiste in gran parte nel dare al lettore, che come tutti noi è un po’ impantanato dentro la propria testa, nel dargli accesso, dicevo, tramite l’immaginazione, alla vita interiore di altri individui.
Dato che una parte ineluttabile dell’essere umano è la sofferenza, ciò che noi esseri umani cerchiamo nell’arte è anche un’esperienza di sofferenza: che sarà necessariamente un’esperienza mediata, o per meglio dire una generalizzazione della sofferenza. Capisci cosa intendo?
Nel mondo reale tutti soffriamo da soli; la vera empatia è impossibile. Ma se un’opera letteraria ci permette, grazie all’immaginazione, di identificarci con il dolore dei personaggi, allora forse ci verrà più facile pensare che altri possano identificarsi con il nostro.
Questo è un pensiero che nutre, che redime: ci fa sentire meno soli dentro.
Magari è tutto qui, semplicemente.
(tratto da: Un antidoto contro la solitudine, Minimum fax, pag. 54)
Buona lettura e buon #DFWday:
Sì, lo so che conta poco, ma ho nominato questo blog per il Versatile Blogger Award.
http://grazieadicke.wordpress.com/2013/10/03/the-versatile-blogger-award/
grazie, che pensiero gentile.