La prima volta che ho ascoltato i Clash facevo le medie.
Era una cassetta che avevo preso un pomeriggio dalla scrivania di un amico. In realtà era di suo fratello grande che, tra l’altro, aveva un “Chiodo” che mia madre non mi avrebbe mai comprato. Mai.
Immaginate questo tredicenne (il sottoscritto) che ama oltremodo le confortevoli melodie dei Beatles e dei Beach Boys, che fa il boyscout (eh già) e ne è pure fiero (già, già), prende noiose lezioni di solfeggio, suona il piano e l’unica trasgressione a cui può accedere sono i romanzi di Stephen King e i primi fumetti di Dylan Dog.
Ecco, pensate a cosa potesse significare per il tredicenne in questione spingere play sul walkman quel pomeriggio.
Quella musica rappresentava la promessa che un giorno, se solo avesse voluto, si sarebbe tolto quell’odiosa pettinatura con la riga “da una parte”, avrebbe suonato una chitarra elettrica (anche male ma chissenefrega), indossato scarpe da ginnastica sporche e jeans strappati, urlato parolacce, bevuto cose proibite e sarebbe diventato maleducato fregandosene dei compiti, dei professori, degli stronzi più grandi e di quelle fottute sonatine di Debussy e – dannazione – avrebbe avuto, prima o poi, un fantastico Chiodo di pelle.
Questo è quello che mi arrivò del Punk in quel pomeriggio di tanti anni fa, nel momento in cui decisi di non restituire mai più la cassetta dei Clash.
Perché vi ho annoiato con questa storia?
Perché ieri sera sono stato al Teatro Ambra Alla Garbatella, a Roma, a vedere God Save The Punk uno spettacolo-racconto-happening sui cantanti e le band che più o meno volontariamente, tra i ’70 e gli ’80, si ritrovarono invischiati in quel fenomeno trasgressivo, dissonante, anarchico, rumoroso e totalmente folle che era il Punk.
La curva gaussiana di Ascesa-Affermazione-Declino viene proposta in maniera frammentata dai 3 attori protagonisti – Enrico Salimbeni, Nicole De Leo e Fabio Gomiero – che interpretano una miriade di personaggi e raccontano aneddoti, storie, testimonianze e leggende metropolitane senza un-secondo-uno di pausa.
COSE CHE MI HANNO COLPITO
- La “sottotrama” dell’evoluzione delle figure femminili: dalle groupie disinibite alle madri dei rockettari complici delle dipendenze dei figli, sino alle cantanti che “sfidano” il potere maschile assumendone le sembianze (Patti Smith), soccombendo (Nancy) o provando a emanciparsene (Nico).
- La recitazione divertente e nevrotica di Fabio Gomiero: il Cantante-Adolescente-Incompreso-Strafatto-Sparacazzate-Genio-Eroina-E-Sregolatezza (ascoltando uno dei suoi monologhi ho ripensato al furto della cassetta dei Clash…)
- Le video installazioni ipnotiche e le musiche coinvolgenti, perfette nelle intro e nei fade out. Essendo a volume moderatamente intollerabile impediscono di tenere ferme gambe e mani con grande disappunto dei vicini di poltrona.
ELEMENTI NEGATIVI
- In teatro non è possibile pogare e, da qui, ne consegue una catena di piccole frustrazioni facilmente risolvibili grazie alla presenza di un paio di amici fidati con i quali, una volta fuori, potersi dare allegramente un paio di spallate: “Ehi, Oh, Let’s Go!”
God Save The Punk è a Roma fino a domenica, costa 17 euro (12 ridotto). Foto, informazioni, video e recensioni molto più serie di questa le trovate su facebook, sulla pagina del Teatro o in giro per il web.
Se interessa, il libro da cui la regista e autrice Carmen Giardina ha preso ispirazione per lo spettacolo é Please kill me – Il punk nelle parole dei suoi protagonisti.