Alll’inizio mi ha fatto incazzare. Molto.
Orari di chiusura assurdi, prenotazioni ovunque (“prenotare il parcheggio il giorno prima per vedere il museo?”), caos e traffico-a-quattro-corsie che voi umani…
La visita ai Warner Studios divertente ma allo steso tempo deludente: “un altro studio, ti prego amico, portami a vedere un altro studio, chi se ne frega del baretto di Friends, fammi vedere ancora dove hanno girato Casablanca…”
Ho fatto la foto con la Gran Torino di Clint Eastwood e osservato da vicino i vestiti di un sacco di star e diverse porte e facciate di palazzi finti che “anche se non sembra dovete immaginare che qui hanno girato ER, le Gilmore Girls, Desperate Housewife…” e giù storie e aneddoti su questo o quell’attore.
Ho fatto anche la foto insieme a Raffa davanti a un green screen con le bacchette di Harry Potter in mano che nemmeno la volevamo ma la guida ha insistito: “é un regalo degli Studios.” “E va bene dai, facciamola.”
Ho comprato la tazza nera con la scritta “writer” per la mia scrivania e una tshirt delle Gilmore. Bellissima. La indosserà Raffa. E la tazza di Luke. Mi è sempre piaciuto Luke.
Abbiamo ritirato la foto stile Harry Poter all’uscita. Roba da brividi dietro la nuca.
Cosa mi aspettavo? Che funzionasse tutto come nei milioni di film e serial che ho visto ambientati a Los Angeles?
Che gli Studios, Sunset Boulevard, Muholland drive ma anche il Morrison hotel (ovvio che dovevo vederlo) fossero “davvero” come me li ero immaginati?
Lo so, colpa mia.
Hollywood all’inizio mi ha fatto incazzare. Di brutto. Ma poi ho capito che ero io che sbagliavo.
E allora sono andato sulla via famosa e, visto che il museo dl cinema era chiuso, siamo entrati nel terribilmente kitsch museo delle cere. una delle cose allo stesso tempo più divertenti e orribili che abbia mai visto. Veramente.
Poi direzione Bel Air. Poi Beverly Hills (lì ho cantato a raffa per 15 minuti “siamo quelli di Beverly Hills, noi siamo quelli di Beverly Hills, proprio proprio quelli di Beverly Hiiiiils”)
Ho visto Rodeo drive e riso quando Raffa ha detto “lavori a percentuale? Ah, mi spiace”.
Ho messo le mani per terra sulla walk of fame, davanti al teatro cinese, per vedere se le dimensioni delle mie falangi fossero simili a quelle di qualche personaggio famoso.
Ho scoperto che ho le mani grandi quanto quelle di Johnny Depp e i piedi come quelli di Groucho Marx. Chissà se vorrà dire qualcosa.
Ho fotografato le mattonelle con i nomi delle star scritte sopra.
Sì, l’ho fatto.
E ho visto bambini venezuelani spalmati a terra mentre si facevano fotografare sulla mattonella di Britney Spears.
Ho mangiato tacos piccanti nel tremendo centro commerciale con i due elefanti copiati/incollati da Intollerance di Griffith e visto la scritta Hollywood sulle colline. Da lontano. Con la nebbia.
Ho visto lo skyline con i grattacieli che non assomigliava per niente a quello di Blade Runner.
Ho fotografo altri nomi di strade (via Buddy Holly per esempio) e li ho inviati ad amici per farci due risate immaginando strade simili in Italia. Squagghiatone ha suggerito via Toto Cutugno.
E allora, improvvisamente, ho capito Hollywood. E Los Angeles. E gli Studios, e tutto il resto: storie, sogni, immaginario, paure, desideri. Lo showbiz insomma.
E ho pensato a Orson Welles. Alla Signora di shangai. A quando racconta (lui, Orson) dei pescecani che si divorano eccitati dal loro stesso sangue.
Poi mi é tornato tutto su.
Maledetti tacos piccanti.
wow! maglietta di girlmore girls?luke? fantastico! in questo momento siamo sulla stessa costa…!:)