Ti complicherà la vita

MAKE YOUR OWN KIND OF SEASON (SING YOUR OWN SPECIAL PLOT…)

M

Fra un paio di giorni andrà in onda in USA l’ultima puntata della sesta stagione di Lost, che poi è l’ultima puntata di tutta  la serie.

Non sono stato un fan della prima ora di Lost anzi, ho iniziato a vederlo in ritardo e “su suggerimento”.

Mio fratello mi disse una cosa tipo «le prime puntate non ti rendi conto e pensi ‘sì, carino’ poi però a un certo punto ti aggancia e ci entri dentro e allora sei fregato». Aveva ragione. Lui poi abbandonò la visione durante la terza stagione urlando «Gli sceneggiatori sono pazzi!» e forse aveva ragione anche in quel caso.

Credo che Lost sia uno dei prodotti seriali più interessanti degli ultimi anni e credo che, con tutti i suoi difetti, resterà uno di quei telefilm che serviranno a distinguere un “prima” da un “dopo”: «ed ecco che arrivò Lost e si iniziarono a raccontare le storie anche in quest’altro modo…»

Nel corso di questi sei anni molti hanno scritto di/su Lost (date un’occhiata ai libri usciti solo nell’ultimo anno) e altri ne hanno discusso in rete (impossibile non finire nelle maglie di siti così), per non parlare del fatto che, finalmente, anche in Italia, autorevoli scuole di scrittura creativa hanno iniziato a produrre interessanti riflessioni sulla serialità televisiva.

Sul Post, ieri, è comparso un bell’atto d’amore verso Lost: una piccola guida alle migliori 15 scene con tanto di segnalazioni di gustosi contenuti extra (due su tutti: gli opening credits alternativi e una meravigliosa raccolta dei “dude” di Hurley)

Ora, premesso che le classifiche sono sempre atrocemente soggettive e parziali, c’è una scena che più di tutte ha segnato il mio rapporto con la serie. La scena con cui ho capito che ormai ero fregato, che a quel punto avrei dovuto vederle tutte, che gli sceneggiatori mi avevano in pugno e che li avrei seguiti ovunque, sia nello spazio che nel tempo.

Era la prima puntata della seconda serie e un vecchio disco di Mama Cass Elliott faceva da sottofondo alla descrizione di cosa ci fosse all’interno della botola: un vecchio computer, Desmond che faceva colazione e andava in cyclette, Jack e Locke dall’altro lato che avevano appena forzato l’entrata…

Ecco, da lì in poi, mi sono irrimediabilmente “perso” anch’io:

Per pura curiosità: not Penny boat

Quelli del Post, invece, mettono al primo posto la magistrale scena del sacrificio di Charlie al termine della terza stagione, quando comunica a Desmond con la scritta sul palmo della mano che “not Penny Boat”.

Qui l'autore

diego altobelli

Ossessionato dai dualismi anima e corpo, reale e virtuale, ragione e volontà, obladì obladà. Quando non è distratto dalla vita aggiorna questo blog. Ogni tanto scrive sceneggiature e racconti.

3 commenti

  • Ammetto che io sono stato attratto già dai primi colpi di scena della prima serie. Ma devo dire che anche a me questo spezzone mi scombussolò parecchio.

  • Caro Diego, voglio dare il mio contributo anch’io 🙂
    Il pezzo che mi ha irrimediabilmente agganciato? Hurley che dice a Jack: “Ethan non è sulla lista passeggeri”.
    Invece come scena migliore voto la telefonata tra Desmond e Penny.

    Dai che sale la febbre per l’ultima puntata….

  • Ammetto che io sono stato attratto già dai primi colpi di scena della prima serie. Ma devo dire che anche a me questo spezzone mi scombussolò parecchio.

Ti complicherà la vita

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diego altobelli

Ossessionato dai dualismi anima e corpo, reale e virtuale, ragione e volontà, obladì obladà. Quando non è distratto dalla vita aggiorna questo blog. Ogni tanto scrive sceneggiature e racconti.

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