Ti complicherà la vita

MA COSÌ NON SI PERDE LA CREDIBILITÀ?

M

Per la rubrica “Brevi riflessioni sulla qualità del giornalismo italiano di un certo tipo” oggi parleremo di “Ma così si perde la dimensione morale del romanzo“, un articolo sull’ultimo libro di Foer che mi è stato appena segnalato da un amico e che ci insegna (l’articolo, non l’amico) a giudicare libri e scrittori senza averli letti ostentando  sicurezza, competenza in materia e anche un po’ di snobismo.

Copio/incollo dal sito del Giornale

Il passaggio che più di tutti mi ha demoralizzato:

Foer è la sintesi chic di quella noia narrativa che in molti continuano a scambiare per Letteratura.

E così, insieme a Jonathan Franzen, Dave Eggers e David Foster Wallace (con tutto il rispetto per la sua tragica vicenda umana), anche Foer è diventato un classico istantaneo: un autore che ha l’ambizione di lasciare una traccia ma non riesce ad andare al di là di qualche piccolo livido.

Ok, al critico del Giornale non è piaciuto l’ultimo libro di Foer. E fin qui niente da dire. Un autore può non piacere a un critico. Ci mancherebbe.

Anche se magari un critico dovrebbe comunque riconoscerne il valore al di là dei suoi gusti personali di lettore ma va bene lo stesso, diciamo che ci fidiamo di lui in quanto critico e che, probabilmente, su Foer ha ragione.

Ma quando il suddetto critico scrive che anche Jonathan Franzen, Dave Eggers e David Foster Wallace sono esponenti di un presunto misunderstanding definito – con un notevole atto di coraggio e sprezzo del ridicolo – “noia narrativa che molti continuano a scambiare per Letteratura” (notare la L maiuscola) e che i loro libri non sarebbero altro che dei “classici istantanei” ecco, a questo punto non capisco più e smetto di fidarmi del giudizio del critico del giornale (anzi, del Critico Del Giornale).

Che tesi ha intenzione di sostenere?

Che esiste un gruppo di autori americani sopravvalutati?

Ok, ci dica in base a cosa.

E poi: come definirebbe “noia narrativa” e “classico istantaneo”?

Belle espressioni, per carità, ma ci faccia capire il loro significato e a cosa si riferiscono almeno così potremmo stabilire se siamo d’accordo o no con la sua ostilità nei confronti di questi autori così sopravvalutati.

Talmente “narrativamente noiosi” i libri di questi che non dovrebbero essere nemmeno definiti Letteratura-con-la-Elle-maiuscola.

Caspita.

E cosa mai avranno scritto nelle pagine dei loro libri Eggers, Franzen e Wallace, una serie infinita di combinazioni casuali di consonanti e vocali senza alcun significato?

Cosa dovrebbe dire/fare/scrivere un autore, oggi, per diventare Uno Di Quelli Che Fanno La Letteratura?

Ci faccia degli esempi il critico. Anche perché scrivere che Wallace è “noia narrativa” è un bel “fuoco d’artificio” ma ben altro discorso è argomentarlo e dimostrarlo.

Ah, e poi: mica staremo ancora qui a parlare di letteratura e Letteratura? No eh.

Sull’accenno alla “tragica vicenda umana” tralascio. Il concetto espresso implicitamente dal critico si commenta da solo.

Ora, io non dico che un giornalista debba leggere approfonditamente e amare in maniera incondizionata tutto ciò di cui si occupa (ne abbiamo già troppi che: “è il più bel libro/film/disco della sua carriera”). Sarebbe impossibile. Auspicabile che leggesse tutto e che fosse onnisciente in modo da guadagnarsi la nostra fiducia di lettori certo ma, obiettivamente, impossibile. Ma almeno controllare, che so, la pagina di Wikipedia degli autori che si ha intenzione di distruggere del tutto gratuitamente (e senza valide tesi che ne giustifichino giudizi così drastici) questo sì.

Se poi ti tocca chiudere l’articolo entro mezz’ora (per dire) un salto su Anobii lo fai, così, tanto per sbirciare cosa dicono Quelli Che Quei Libri Li Hanno Letti E Commentati.

Tutto ciò lo scrivo non per iniziare una diatriba infinita sul ruolo della critica italiana e del giornalismo cartaceo da cui uno si aspetterebbe quantomeno approfondimenti e riflessioni più competenti delle chiacchiere dei blogger perditempo come me, ma per un senso di oggettivo sconforto e tristezza per giudizi così superficiali (e senza alcun fondamento critico/teorico) nei confronti di autori che hanno scritto magnifiche storie.

That’s all.

Qui l'autore

diego altobelli

Ossessionato dai dualismi anima e corpo, reale e virtuale, ragione e volontà, obladì obladà. Quando non è distratto dalla vita aggiorna questo blog. Ogni tanto scrive sceneggiature e racconti.

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