Autunno 1973. Cochi e Renato sono in tv con un programma in prima serata: Il Poeta e il Contadino.
Cochi, ovviamente, è Il Poeta: intellettuale, altezzoso e con la “erre” che pronuncia “evve”. Renato, invece, è Il Contadino: sempliciotto, pacioccone e sconclusionato, anche e soprattutto nel linguaggio.
Il personaggio naïf di Pozzetto che vedremo nei film degli anni ’80 nasce da qui (basti pensare, tra gli altri, al Ragazzo di campagna di Castellano e Pipolo), come anche quello di Cochi-Kapitanen-tedésken dei film dedicati alla mitica Sturmtruppen di Bonvi (sceneggiati dagli stessi Cochi e Renato).
Quello che penso di Cochi e Renato in estrema sintesi (e senza star qui a utilizzare aggettivi altamente qualificativi come “surreali”, “futuristi”, “onirici” e assolutamente “patafisici”) è che sono un po’ come Vladimiro (detto Didi) ed Estragone (detto Gogo) di Aspettando Godot, con meno cinismo + 2 chitarre.
Questo, il disco della trasmissione (con gli arrangiamenti e la direzione artistica di Enzo Jannacci):
Il Lato 1 è composto da canzoni. Sì, c’è anche La gallina che, lo sappiamo, non è un animale intelligente (e lo si capisce da come guarda la gente). Da piccoli avevamo una cassetta compiléscion con questa canzone, particolarmente apprezzata da mio fratello che ci deliziava facendocela ascoltare svariate volte al giorno. Poi la cassetta sparì.
Il Lato 2, invece, presenta prevalentemente sketch con accompagnamento musicale: A me mi piace il mare, Il reduce (Puttana Eva!), Il Piantatore di pellame, El Porompompero e Come porti i capelli bella bionda.
La trasmissione si apriva sempre con Il Poeta che costringeva ogni volta e in maniera diversa Il Contadino a salire su un sidecar. Dopodiché i due irrompevano nello studio.
La mia traccia preferita però è la sigla di coda (nel disco posizionata strategicamente all’inizio del Lato 1) e chi non l’ha mai ballata almeno una volta, durante la ricreazione a scuola, è solo uno sciocco-in-blu.
