Una serata tra amici perfetta, che termina con la visione di Cenerentola a Parigi a base di caramelle gommose rosa. ‘S Wonderful ‘S Marvelous.
Cenerentola a Parigi in realtà è Funny Face di Stanley Donen e sì, la traduzione italiana del titolo è letale e perde molte delle implicazioni del “funny” riferite alla protagonista.
Questo è un film che racchiude tutti (ma proprio tutti) i motivi per cui uno dovrebbe amare i musical
Nei colorati uffici di Quality, famosa rivista di moda, si cerca il nuovo volto che rappresenti la donna americana così il fotografo del magazine (un non più giovanissimo Fred Astaire) suggerisce di fotografare le scialbe modelle in qualche negozietto del Greenwich Village, tanto per dare un tocco di realismo alla cosa.
Intanto la direttrice illustra alle collaboratrici quale sarà il colore dell’anno (avete dei dubbi?).
Lei (Audrey Hepburn) è una grigia commessa in una buia libreria, interessata solo ai libri e a un filosofo francese che predica l’empatia come stile di vita (empatia di cui però lei è totalmente priva).
Quando la ciurma di Quality invade la libreria cambia la sua vita: le ragazze mettono tutto a soqquadro, viene fotografata insieme alla scialba modella e, alla fine, il fotografo la bacia per dimostrale cos’è in realtà l’empatia.
Poco dopo negli uffici di Quality il fotografo annuncia alla direttrice di aver finalmente trovato il nuovo volto (Funny-Sunny-Face). E’ quello della commessa di libri. “Ma sei pazzo?” E dopo una dissolvenza ecco la Hepburn negli uffici della rivista che cerca di fuggire dalle grinfie di queste donne interessate solo a renderla più bella e attraente (lei si presenta con un foulard nero nell’ufficio dove anche le porte sono colorate…).
“Non voglio fare la modella.”
“Ma se vieni con noi a sfilare a Parigi potrai incontrare il tuo filosofo dell’empatia.”
“Un mezzo per raggiungere un fine?”
“Si parte.”
“Bonjour Paris!”
Qui la giovane Funny-Sunny-Face si perde, si innamora, si riperde, impara dai propri errori ma, soprattuto viene “educata” dalla direttrice di Quality.
Ovviamente alla fine Loro si sposeranno e danzeranno leggeri accanto a una romantica chiesetta-di-campagna con tanto di colombi bianchi perché è così che le cose devono andare.
Quantomeno nei musical.
Tra gli innumerevoli motivi che dovrebbero spingervi a conoscere questo film a memoria
- il regista (e coreografo) Stanley Cantando-Sotto-La-Pioggia Donen. Una garanzia.
- Le musiche: George e Ira “Blu notes” Gershwin che dimostrano fino a che punto possa giungere una colonna sonora quando a comporla sono musicisti di questo tipo.
- Gli attori. Vedere Fred Astaire ballare e cantare resta comunque un’ottima terapia contro la depressione.
Inoltre il film riesce nella incredibile impresa di prendere in giro alcune tendenze “culturali” che sarebbero emerse solo anni (e anni) dopo (il film è del 1957).
Qualche esempio?
- Innanzi tutto avete presente film come Down with love o Il diavolo veste Prada (lì però la direttrice della rivista era un’arpia ma la presentazione della giovane-intellettuale-con-gli occhiali che ripudia la frivolezza della moda è presa pari pari). Ecco, tutta l’estetica di quei film viene da Funny Face.
- Il proto-femminismo di Audrey Hepburn che ripudia la moda e l’estetica quasi fosse in contrapposizione con il suo amore per la lettura (e per la filosofia dell’empatia). Si diceva: bellezza-frivolezza, lettura-serietà. Ma grazie a Fred Astaire la giovane capirà che non è esattamente così: d’altra parte, anche la più accanita lettrice di libri desidera il vestito bianco, i colombi e la chiesetta in campagna…
- La magnifica rappresentazione delle seriose correnti intellettuali francesi (il filosofo non ride mai. E’ un affascinante trentenne con barba e maglione nero a dolcevita. Praticamente la divisa dell’intellettuale. Non vi annoio con l’ovvia constatazione che è “moda” anche questa.)
- Nella casa del filosofo il fotografo e la direttrice di Quality si intrufolano per “salvare” Audrey Hepburn che si è chiusa in una stanza con lui (il filosofo empatico): lei, ingenua, è interessata al suo intelletto, lui, scaltrissimo, a ben altro… I due prima di irrompere si esibiscono in un numero allegro e movimentato dopo aver ascoltato una lagnosa canzone francese con tutte le erre arrotate. In quel frangente il vecchio Fred prende una chitarra e si butta per terra agitandosi come un tarantolato. Ricordo che siamo ancora nel 1957 e che Jimi Hendrix inizierà a fare più o meno la stessa cosa una decina di anni dopo…
Una battuta del vecchio Fred:
“Quell’uomo è interessato al tuo cervello quanto lo sono io”
(in riferimento al filosofo francese)
ALL YOU NEED IS LOVE
Non trascurabile infine la gradevole sensazione di assoluta pace-e-armonia-con-il-mondo che il film lascia allo spettatore al termine della visione. Perché, maschietti o femminucce, non c’è niente da fare, come cantavano i Beatles: tutto quello di cui abbiamo abbiamo bisogno è amore (e un bel cestino di caramelle gommose rosa).
[…] Articolo Originale: Revolutionine Articolo aggregato il 8 dicembre, 2009 alle 12:00 ed archiviato in Occhiali. Puoi seguire il […]