Ho appena comprato l’ellepì del Rocky Horror Picture Show (acquistato insieme a una meravigliosa doppia raccolta in vinile dei Clash semplicemente perfetta. Ma questa è un’altra storia).
Lo metto su e, traccia dopo traccia, scorrono decide di ricordi: la prima volta che ho visto il Rocky Horror (e quelle labbra, e Janet, e Frank N Fourter e Rocky) rimanendone praticamente sconvolto. La seconda volta che l’ho visto, e poi la terza…
La volta che l’ho rivisto insieme a Raffa.
La Vhs del Rocky Horror (costosissima). Il DVD (masterizzato) del Rocky Horror. Il cd del Rocky Horror in macchina ché quando viaggio da solo lo canto a squarciagola.
E poi W. che torna da uno di questi villagi-paradisi-tropicali-da-cartolina dove fa l’animatore e mi fa vedere un video in cui Lui (W.) è Frank N Furter e balla e canta come lui e da allora so che forse un personaggio così bello non lo interpreterà mai più (e poi mi racconta tante altre cose che non è il caso…). I sei mesi successivi che ogni volta che ci incontravamo finiva che cantavamo “I’m gonna sweet Transvestite from Transexual, Transilvaniaaaaa” e facevamo battutine autoreferenziali che solo i fan del RHPS avrebbero potuto capire.
Tutti i film dell’orrore di serie B e di mostri della RKO citati nella ouverture Science Fiction double feature…
Tutte le volte che ho ballato il Time Warp.
Susan Saradon e Touch-A Touch-A Touch-A.
Gli occhiali-di-Brad.
La filosofia morale del Rocky Horror: Don’t dream it, be it. Don’t dream it, be it. Don’t dream it, be it ovvero una cosa tipo: “Non sognarlo. Diventalo” (o meglio “siilo”), che non mi sembra cosa da poco.
E, per finire, l’ellepì comprato al mercatino stamattina e il tizio che me l’ha venduto felice di vedermi soddisfatto e appagato dell’acquisto (che, tra parentesi, non mi sarei stupito se il disco fosse costato anche 10 volte di più di quello che l’ho pagato).