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THE MAN FROM UTOPIA – FRANK ZAPPA (1983)

T

Alberto, appena tornato da Londra mi ha riportato The Man From Utopia, un disco di Frank Zappa dell’83 che dice di aver comprato a Camden Town (e io ci credo).

Il 36esimo di oltre 90 album

Per chi di voi non avesse dimestichezza con la produzione discografica di FZ vi basti sapere che l’album in questione è il 36esimo di una novantina di album ufficiali. Perché se poi si considerano i vari bootleg e album “strani” il numero diventa semplicemente inquantificabile…

Per darvi un’idea della mole della produzione considerate che nel 1983 The Man From Utopia fu solo uno dei tre dischi pubblicati da FZ (due dei quali erano con la London Symphony Orchestra).

Ma se pensata che solo il 1983 fu un anno prolifico allora dovreste dare un’occhiata  alla discografia “ufficiale”.

Ecco le cose che mi piacciono di The Man From Utopia

UNO (il disco)

Il fatto che sia il disco, probabilmente, più italiano di Zappa. Nell’82 FZ infatti aveva suonato in giro per l’Italia e chi ebbe la fortuna di assistere a uno di quei concerti  lo ricorda come una gran bella esperienza (e direi…) nonostante qualche piccolo tafferuglio avvenuto al concerto di Palermo.

DUE (la cover)

La cover del disco è di un bravo disegnatore italiano, Tanino Liberatore (quello di Ranxerox) e sarà sempre motivo di vanto per noi fans italiani.

TRE (di nuovo sulla cover)

Il soggetto della cover è Zappa che scaccia le zanzare con una paletta per scacciare le mosche. E’ raffigurato molto muscoloso (non lo era), ha quelli che sembrano occhialetti da piscina rosa e una faccia un po’ incazzata (Questo lo deduciamo dal fatto che con la mano sinistra ha appena spaccato il manico della chitarra). Non si sa se Zappa sia incazzato per le zanzare o perché – questa è la mia tesi – sia più una sottile citazione della canzone dell’82: Harder Than Your HusbandZappa in quella canzone cantava: “sarò più duro di tuo marito” cercando forse di estendere il suo target di riferimento alle casalinghe.

QUATTRO (cover retro)

Visto che in Italia c’erano appena stati i mondiali dell’82 e visto che l’Italia li aveva anche vinti è presente, nel retro, uno striscione di tipo calcistico con una scritta.

Precisazione calcistica: non sono un tifoso di calcio ma quella partita fa parte dell’immaginario collettivo e del mio immaginario personale non solo perché l’Italia vinse per 3-1 la Germania Ovest ma per il fatto che l’ultima rete fu segnata dal mio compaesano (nonché omonimo da parte di cognome) Alessandro Altobelli.

Una curiosità zappiana

Pare che, sempre nell’82 FZ fece montare dei maxischermi ai propri concerti (cosa alquanto insolita allora) per permettere agli italiani di vedere le partite dei mondiali mentre ascoltavano la sua musica poiché tanto le sue parole “non le avrebbero capite comunque”. (Ed è vero. Capire FZ è difficilissimo. Canta in una sorta di dialetto di Los Angeles che nemmeno quelli di New York capiscono bene. Per dire.)

QUATTRO (reprise)

Dicevamo: nel retro della cover dunque è visibile FZ nella stessa posizione della cover frontale ma “visto da dietro”. Quindi vediamo il suo attillato posteriore, il braccio alzato con la paletta-scaccia-zanzare, le zanzare e, soprattutto, il pubblico dello stadio.

A sinistra è presente lo striscione già citato con la scritta “3-1 Vaffanculo” e mi sono sempre chiesto a chi fosse rivolto. Ai tedeschi della Germania Ovest forse? A FZ? A chi? Boh. Forse solo Tanino Liberatore potrebbe aiutarci.

Un altro elemento altamente surreale della cover è che sulla destra, circondato da guardie svizzere, troneggia in prima fila (con mano benedicente) anche il Papa.

Ora però pensate agli ultimi anni di pontificato di Wojtila: ve lo ricordate Bob Dylan in vaticano che cantava per lui, no? Certo il vecchio Frank è ben altra cosa rispetto al vecchio Bob ma, in fondo, non sarebbe stato tanto surreale…

CINQUE (i musicisti)

Vorrei farvi riflettere sulla presenza del giovane Steve Vay nell’album (23 anni). Ecco, essere un giovane e talentuoso chitarrista e ritrovarsi a suonare con FZ credo sia l’equivalente di vincere una borsa di studio al MIT o qualcosa del genere. Ora, immaginate che uno come FZ (chitarrista per niente banale) scriva sul disco a cui prendete parte come giovane chitarrista di talento “Impossible guitar parts” seguito dal vostro nome. Come vi sentireste? Già.

SEI (le tracce)

Se volete sapere perché l’epiteto di Steve Vay fosse proprio quello immaginate il vecchio Frank che quasi recita con la sua assurda voce baritonale e il giovane Steve che lo segue semitono dopo semitono… con un assolo di chitarra (provate ad ascoltare The Jazz Discharge Party Hats. Le parole sono riduttive). Il tutto prima trascritto su spartito, ovviamente, e poi risuonato. L’effetto che fa su di me una cosa del genere è di totale umiliazione musicale.

SETTE (le citazioni)

Come ogni lavoro di FZ ci sono centinaia di citazioni testuali e musicali impossibili da riportare (e alcune, obiettivamente, impossibili da riconoscere).

Lo stesso titolo è un omaggio a una canzone degli anni ’50 rielaborata nella prima traccia della seconda facciata: The Man From Utopia Meets Mary Lou.

OTTO (di nuovo sulle tracce)

Visto che non riuscirei a scrivere alcunché di sensato sulla musica  – Zappa diceva sempre “scrivere di musica è come ballare di architettura” –  vi propongo l’ascolto di Whe Are Not Alone, ultima traccia della secondo facciata.

La cover dell’album l’ho presa da Zappa.com, il sito ufficiale di FZ.

Qui l'autore

diego altobelli

Ossessionato dai dualismi anima e corpo, reale e virtuale, ragione e volontà, obladì obladà. Quando non è distratto dalla vita aggiorna questo blog. Ogni tanto scrive sceneggiature e racconti.

2 commenti

  • A proposito di “qualche piccolo tafferuglio” a Palermo.
    Misero il palco sulla linea del centrocampo ed il pubblico in curva nord. Troppo distante per vedere qualcosa, anche nei maxi schermi, maxi per l’epoca. Ero seduto sull’ultimo gradone ed il basso pompava così forte che mi vibrava il culo. Qualcuno scavalcò la recinzione e si andò a sedere davanti la porta.Subito la polizia in tenuta da sommossa (casco e scudo) si dispose davanti al palco. Zappa ripeteva “Easy, easy”. Dopo i primi cinque, sei, si avvicinò alla rete un altro gruppo di dieci, quindici persone.
    In un attimo saltarono e lì iniziarono i lacrimogeni. Uno, due, tre, atterrarono tutti in mezzo alla gente sugli spalti. In un attimo, il pubblico si mosse per raggiungere l’uscita.
    Anche la gente in campo cercò di tornare sui propri passi, ma c’era la rete!
    Quelli più lesti si buttarono letteralmente dall’altra parte, ma chi non ci riuscì ne prese un fracco. Ma tante! Quando sentì le urla, mi misi ad urlare anch’io.
    “Bastardi!” urlava la curva, ma fu un attimo: continuarono a piovere lacrimogeni e tra spintoni e urla di panico riuscì a scendere per le scale. Lì c’era la sorpresa: porte chiuse ed una decina di sbirri ad aspettarci.
    Quando aprirono, il flusso in qualche modo li travolse, si aprirono a raggiera, ma non smettevano di calare manganellate. Vidi la ragazza davanti a me tenersi una mano sulla nuca. Perdeva sangue.
    La prossima toccava a me, pensai. Quando mi trovai di fronte lo sbirro, lo sentii urlare come un disperato. Fece un passo per venirmi incontro, il manganello alto sul casco.
    Io feci un passo ed un doppio passo, come avevo imparato alla scuola di rugby e gli sfilai di fianco giusto il tempo per sentire il manganello che affondava nell’aria dietro di me. “Figlio di buttana” urlai, mentre correvo. Passai vicino agli enormi tir di Zappa, mi tenni largo dai punti in cui se le davano di santa ragione, vidi un spazio tra i pullman disintegrati degli sbirri e mi ci fiondai. Mi fermai solo quando arrivai di fronte casa. Solo allora mi resi conto che avevo gli occhi inondati di lacrime. Lacrime di rabbia.
    Avevo aspettato per mesi quel concerto, Zappa aveva suonato si e no venti minuti.
    Avevo diciotto anni ed una bella collezione in vinile di Zappa e mother of, oltre alla convinzione che a Palermo non sarebbe mai cresciuta ne erba ne lavoro.
    Saluti
    Grazie

    • Ciao Andrea,

      grazie a te per aver inviato proprio qui il racconto di quel concerto.

      Mentre leggevo avevo i brividi…

      A presto

      e spero che un giorno parleremo delle nostre collezioni di vecchi LP di Zappa e dei Mothers 🙂

      Grazie ancora

      Diego

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diego altobelli

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